Chiacchiere dorate (e chiacchiere di quartiere)

Ero convinto di non cascarci, giuro, ma quando anche il panettiere sotto l'ufficio mi ha chiesto ridendo se avessi già ordinato le chiacchiere "gioiello" di Massari, ho capito che dovevo dire la mia. Dopo giorni in cui non si parlava d'altro, tra social impazziti e articoli sui giornali, anche io mi ritrovo inevitabilmente a dire la mia sulla questione delle famigerate chiacchiere a 100 € al chilo firmate Iginio Massari. Del resto, se perfino mia zia, che usa Facebook solo per mandare buongiornissimi glitterati, mi ha chiesto cosa ne pensassi, capirete che era impossibile esimermi.
Premetto che non sono mai stato un grande amante dei dolci. Faccio eccezione soltanto durante il carnevale, quando proprio non riesco a resistere alle chiacchiere e ai tortelli, autentici simboli di questo periodo.
Intendiamoci, massimo rispetto per il maestro Massari, indiscutibile eccellenza della pasticceria italiana celebrato per la qualità, l'eleganza e l'innovazione delle sue creazioni, e per chi può e vuole permettersi una simile follia gastronomica. Però, diciamocelo chiaramente: cento euro per un dolce semplice e popolare come le chiacchiere è qualcosa che va ben oltre il piacere culinario. È puro posizionamento di lusso, roba che ha più a che fare con lo status sociale e l'esibizione del proprio portafoglio che con farina, uova e zucchero.
Personalmente, la perfezione a tavola la cerco altrove, magari nelle cose semplici e genuine che raccontano storie di quartiere e tradizione. Le migliori chiacchiere che io conosca non costano cento euro al chilo, ma molto meno, e provengono dal panificio Betlemme, proprio dietro casa mia. Una piccola bottega artigianale, gestita da persone appassionate che lavorano sodo ogni giorno, sfornando bontà autentiche.
Le loro chiacchiere sono friabili al punto giusto, fritte, ma ugualmente leggere come una piuma e ricoperte da quel velo di zucchero che basta a farti tornare bambino, riportandomi immediatamente alle giornate trascorse in cucina con mia mamma, tra l'aroma dolce dello zucchero a velo e il calore confortante della sua voce: il tutto senza dover ipotecare casa. Quando le mordi, senti la passione di chi le ha preparate, non la freddezza del marketing o il peso della griffe.
In fondo, il bello delle chiacchiere è proprio questo: la loro semplicità, il gusto della festa e il piacere della condivisione. Quando diventano un simbolo di lusso esagerato, perdono la loro essenza più autentica e genuina.
Quindi, mentre sui social continua a imperversare la polemica e qualcuno continua a chiedersi se quelle di Massari siano chiacchiere o gioielleria, io una certezza ce l’ho: domani torno da Betlemme a prenderne un bel sacchetto pieno. E magari, con quello che avanzo rispetto ai famosi cento euro al chilo, offro volentieri il caffè a tutto il quartiere, magari al bar dell'angolo dove tutti si conoscono per nome e dove ancora si può discutere del mondo e della vita davanti a un espresso fumante, facendo due chiacchiere vere, fatte di sorrisi e persone, non di status symbol.
